mercoledì 2 febbraio 2011

Riproduzione discus: la mia esperienza, tecnica ed emotiva

Spesso mi capita di osservare la natura nelle sue infinite sfaccettature, ma la riproduzione degli esseri viventi in genere rimane - secondo me - uno degli aspetti più belli e affascinanti che la stessa natura ci offre.
Qualsiasi appassionato di acquariologia, dagli acquari di barriera ai plantacquari passando per i ciclidi del lago Malawi e chi più ne ha più ne metta, non può rimanere incantato o insensibile alla nuvola di avannotti che picchiettano i genitori e li seguono ovunque.
Non solo il Re dell’acquario - Ciclide del Sud America -, per molti noto con il nome di Discus, necessita di questo sistema naturale di alimentazione delle proprie larve con il proprio segreto...secreto (mucosa), sembra addirittura che questa caratteristica si sia sviluppata in molte specie, perfino di pesci marini. L’intento di quest’articolo è voler esporre delle linee guida orientate alla riproduzione del discus, in base alla mia personale esperienza.
Non è facile delineare un quadro standard con linee guida da seguire, consigliate ad un acquariofilo che si cimenta per le prime volte in tale esperienza.
Voglio però provarci semplicemente condividendo la mia esperienza di allevatore-amatoriale ma soprattutto appassionato/estimatore di questo magnifico ciclide.
Cominciamo dalla parte puramente chimica.
Ritengo che i valori da monitorare per fa si che una riproduzione avvenga, sono inizialmente i nitriti -NO2- che devono sempre essere assenti, il pH compreso tra 5.0/5.5, i °dKH quasi a 0, la conducibilità compresa tra 60/90 µs/cm e successivamente i nitrati (NO3) che non devono superare i 50 mg/l.
Partiamo con ordine.
Per quanto riguarda i nitriti è fondamentale che siano assenti perchè assieme alla presenza dei nitrati circa 15/20mg/l testimoniano l’effettiva resa biologica e maturazione del filtro.
I valori KH-conducibilità sono fortemente correlati perché il KH indica la durezza carbonatica e misura la concentrazione degli anioni carbonato e bicarbonato, mentre la conducibilità indica la capacita dell' acqua ad essere attraversata da corrente elettrica, e tale capacità dipende dalla presenza di tutti gli ioni ( di carbonato, bicarbonato, calcio e magnesio) presenti in acqua. Per avere valori simili a quelli sopra citati ci si può avvalere di un tipico ed efficiente impianto ad osmosi inversa, effettuando cambi direttamente con l’acqua che esce dall’impianto senza aggiunta di sali facendola però stabulare per almeno 24 ore.
Infine ci rimane di analizzare un ultimo valore: il pH.
Il pH indica lo stato di acidità e basicità dell’acqua, per un valore compreso tra 0 e 7 siamo in presenza di un’acqua acida, nel punto 7 l’acqua si dice neutra, e da 7 a 14 la si intende basica.
Come dicevamo, per la riproduzione si preferisce ottenere un’acqua molto acida, tra 5.0/5.5, ma questa non è una regola, tanti appassionati e allevatori hanno riprodotto anche con un pH compreso tra 6.0 e 7.0.
Per ottenere valori di pH “consoni” alla riproduzione, come quelli sopra citati basta avere un filtro ben avviato e un KH, prossimo allo zero.
Però un valore di KH così basso potrebbe far oscillare pericolosamente il pH, situazione da evitare in quanto estremamente dannosa alla salute della coppia.
Personalmente utilizzo del granulato di torba da inserire in uno scomparto del filtro con un dosaggio di circa 1 g/l per ovviare a questa oscillazione di pH.
In alcuni tentativi, che posso definire estremi, ho portato il pH ad un valore prossimo a 4.5 e in quei casi il numero delle uova fecondate aumentava sempre più. Inoltre, un pH così acido riduce tantissimo la carica batterica favorendo il buon esito di un accoppiamento, carica batterica che a mio parere è un requisito fondamentale poiché quest’ultimo è la causa principale di mortalità larvale.

Comportamento della coppia prima e dopo la deposizione e come agire.
Prima della deposizione bisogna nutrire per bene la coppia perché tutto il processo riproduttivo richiede un notevole dispendio energetico. Successivamente, dalla schiusa delle uova, io preferisco somministrare soltanto un paio di pasti al giorno e di solo granulato alla coppia, per non inquinare troppo l’acqua.
La coppia comincia col ripulire la zona dove andranno deposte e poi fecondate le uova. Contemporaneamente si assiste ai movimenti della presunta coppia che si accinge alla deposizione, dico presunta perché fino a quando non si schiudono le uova notando le effettive codine non si può parlare di coppia.
Dopo una serie di movimenti vorticosi e direi pieni d’amore la coppia comincia a passare ripetutamente sul cono mostrando entrambi un organo sessile ben visibile (cilindrico nella femmina, a cono nel maschio). Dopo vari passaggi sulla zona dove verranno deposte le uova comincia l’effettiva deposizione.
Solitamente avviene nel tardo pomeriggio, e dura circa un’ora.
A deposizione ultimata la coppia comincerà a ventilare le uova alternandosi reciprocamente ma senza lasciarle incustodite.
Per far sì che avvenga quanto scritto è bene munirsi di una vasca spoglia, dotata di termo-riscaldatore e filtro, io preferisco quello interno caricato con spugne e cannolicchi e un cono di terracotta dove la coppia deporrà le uova.
La temperatura deve stare tra 28/29 gradi per avere una buona schiusa delle uova.
Da non dimenticare alcuni fattori importanti:
  1. Coprire con delle spugne a grana grossa le bocche di aspirazione del filtro se interno in modo tale da evitare che dalla schiusa al nuoto libero gli avannotti vengano aspirati dal filtro. Per ovviare a questo problema si può utilizzare un classico filtro ad aria, il quale però avrà un potere filtrante più scarso rispetto ad un generico filtro interno.
  2. Disturbare il meno possibile la coppia durante la deposizione, anche perché gli spermatozoi del maschio sono fertili per pochi secondi, per esempio è bene diminuire il flusso di mandata in acqua del filtro e aumentarla a deposizione ultimata.
  3. Non bisogna effettuare cambi d’acqua durante la fase di deposizione e fino alla schiusa, sarebbe l’ideale cominciare coi cambi d’acqua quando comincia il nuoto libero.
  4. E’ necessario munirsi di una lampada di pochi watt da accenderla per il tutte le ore notturne dando una grossa mano alla coppia nell’individuare le uova e tenerle sotto controllo.

La schiusa.
La schiusa solitamente avviene tra le 50 e 60 ore. La velocità con la quale le uova schiudono dipende dalla temperatura, più è alta e più velocemente avviene la schiusa.
Quando le uova schiudono si intravedono dei movimenti continui degli avannotti, e i genitori fino a che non ci sarà il nuoto libero li sposteranno da un luogo ad un altro pulendo gli stessi dalle ultime rimanenze dei gusci delle uova. Nei successivi tre giorni dalla schiusa, gli avannotti cominceranno a nuotare fino a quando al 3 giorno si attaccheranno al corpo dei genitori per cibarsi.
I piccoli si ciberanno, mordicchiando l’intero corpo dei genitori, di un muco che oltre ad offrire mucopolisaccaridi, enzimi ed ormoni, trasmette una certa immunità alle larve.
In questa fase si nota un netto scurimento del corpo della coppia che sta proprio ad identificare la formazione di questo muco.
Anche in questa fase è bene utilizzare una lampada di pochi watt.


Si noterà una copertura di alghe sulla superficie dei vetri, che testimoniano quanto poco volevo disturbare la coppia durante lo svezzamento dei piccoli
Alimentazione degli avannotti.
Ritengo che il muco dei genitori sia il primo vero alimento completo per gli avannotti, infatti preferisco somministrare i nauplii di Artemia salina dal decimo giorno di nuoto libero.
Per l’alimentazione procedo in questo modo:
  • Nauplii di Artemia: dal decimo fino al trentesimo giorno di nuoto libero.
  • Pastone: dal ventesimo giorno di nuoto libero.
  • Granulato: dal venticinquesimo giorno di nuoto libero.
  • Liofilizzato: dal quarantesimo giorno di nuoto libero fino all’età adulta.
Per quanto riguarda i nauplii di artemia, somministro fino a 4 volte al giorno, ovviamente naupli appena schiusi.
Il pastone è  fatto in casa da me, a base di cuore di manzo con aggiunta di spirulina in polvere, polvere di peperone, aglio e uova per legare il tutto.
Aggiungo anche compresse di calcio e vitamina d3.

Cambi d’acqua e separazione degli avannotti dalla coppia.
Fino alla schiusa e per i primi giorni di nuoto libero non effettuo cambi d’acqua.
Dopo i primi giorni di nuoto libero comincio a cambiare l’acqua facendo salire piano piano la durezza carbonatica da 0 °dKH  a 2, cercando di stabilizzare anche il pH per un valore neutro o tendenzialmente acido (6.7/7.0).
La separazione degli avannotti dalla coppia avviene intorno al venticinquesimo giorno di nuoto libero.


Spero che quanto scritto possa esser d’aiuto a chi come me da neofita ha affrontato la riproduzione del discus, inizialmente con varie difficoltà, e poi con le varie informazioni ho perfezionato le mie conoscenze.
Quest’articolo non è un vademecum, perché ogni coppia riproduttrice esige parametri chimici, cambi d’acqua e ambienti diversi, ma vuole essere una sintesi della mia personale esperienza con la riproduzione di questo fantastico ciclide.
Gianmaria Luvino aka Jamy Diamond nel forum

Il processo "osmosi inversa"


Come sappiamo l'acqua rimane l'elemento più importante e necessario affinchè qualsiasi specie ittica possa vivere quasi come si trovasse nel suo habitat naturale. Purtroppo l'acqua in uscita ad uso domestico non sempre presenta valori idonei per l'allevamento di pesci d'acqua dolce e marina. In passato per ottenere una buona acqua si utilizzavano resine a scambio ionico oppure si acquistava dell'acqua distillata, mentre oggi si utilizza quasi esclusivamente l'osmosi inversa.
L'acqua trattata può essere quindi:
  1. •Osmotica
  2. •Demineralizzata
  3. •Distillata
Il processo della demineralizzazione, consiste nel far passare l'acqua attraverso resine a scambio anionico e cationico. Le resine anioniche sono costituite da resine a carattere basico, capaci cioè di reagire con gli acidi. Le resine cationiche sono costituite da resine a carattere acido, capaci cioè di reagire con le basi.
Mentre l'acqua distillata si ottiene facendo bollire la stessa e il vapore viene condensato in un altro contenitore. Quest'ultima tecnica è la migliore ma per motivi di costi eccessivi e dato che la tecnica dell'osmosi inversa continua ad evolversi in standard sempre più elevati sta per essere abbandonata.
Cos'è l'osmosi?
L'osmosi è il processo attraverso il quale molecole di solvente liquido passano attraverso una membrana piena di fori praticati proprio per impedire il passaggio del soluto. Una soluzione è formata da diverse sostanze pure che vengono dette componenti, uno dei componenti, solitamente quello in maggiore quantità, viene detto solvente ogni altro componente soluto. Si dice invece pressione osmotica, la pressione che si deve esercitare per raggiungere l'equilibrio osmotico, in pratica per frenare il flusso di componente, in questo caso di solvente, che tenderà a riequilibrirare le concentrazioni. Aumentando la pressione s'inverte il flusso e questo è il processo che viene utilizzato per produrre un'acqua priva di sali.
Dall' impianto usciranno quindi sia il permeato ( acqua ottenuta dall'impianto e priva di sali) che il concentrato ( acqua di scarto dell'impianto).
Le componenti di un impianto ad osmosi inversa sono:
  1. • la membrana (contenuta in uno speciale contenitore)
  2. • i prefiltri ( quello più comune presenta uno a carbone l'altro a sedimenti a 5 micron)
Possiamo misurare l'efficacia di questi impianti?
Diciamo che l'efficacia di questi impianti può variare in base a determinati parametri quali, il tipo e dimensione della membrana, i °C -temperatura- dell'acqua in entrata, la pressione della stessa e la concetrazione dei sali disciolti nell'acqua di partenza. Con un'acqua di partenza a 25 °C potremmo avere per esempio una resa maggiore in termini di permeato, mentre con un'acqua ricca di sali minerali potremmo avere maggiorni % di concentrato.

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di un'acqua trattata con osmosi inversa?
A favore sono la pratica e facile installazione di un impianto ad osmosi inversa, un facile utilizzo, una bassa manutanzione e prezzi sul mercato abbastanza contenuti se alla ricerca di un impianto di piccole e medie dimensioni. Di contro con acque dure e ricche di ferro, si pregiudica la durata della membrana, questi tipi di impianti non sono indicati per lunghi periodi di inutilizzo e inoltre si spreca molta acqua.
Quando la membrana osmotica è da sostituire/rigenerare?
La membrana osmotica non è rigenerabile, ma va sostituita quando il permeato supera i 20 microsiemens (µS/cm) di conducibilità elettrica.
La membrana dovrebbe essere sostituita quando i valori dell’acqua prodotta si discostano di un 10 – 20 % di reiezione rispetto a quelli iniziali che la membrana produce . Se ad esempio utilizziamo una membrana che ha una reiezione teorica del 97 – 98 % e produce acqua con una reiezione del 95% andrebbe sostituita quando produce acqua con un valore che scende al di sotto del 90% . Altri parametri che possono essere presi in considerazione per valutare la sostituzione possono essere l’aumento della produzione di permeato con un aumento della conducibilità a causa di trafilaggi delle guarnizioni della membrana e micro lacerazioni del tessuto, una riduzione evidente della produzione del permeato con un aumento dello scarto a causa della formazione di incrostazioni di calcio e magnesio.
Incrostazioni, metalli pesanti, fouling organico, batteri olii, grassi, precipitazioni inorganiche, limo organico, favoriscono drasticamente la capacità produttiva della membrana ad osmosi inversa.
Quando si hanno evidenti problemi sul permeato sia a livello qualitativo che quantitativo il processo di ripristino delle condizioni iniziali è generalmente irreversibile.
Dotando le apparecchiature di sistemi meccanici di lavaggio delle membrane e l’utilizzo di apposite soluzioni di lavaggio si possono ripristinare le prestazioni fino a livelli prossimi al nuovo, si puo prolungare la vita delle stesse, si hanno valori di reiezione e percentuali di recupero costanti.
E i prefiltri?
Dipende dalla tipologia, in linea di massima i carboni attivi ogni 11000 litri (di acqua in ingresso non di permeato) oppure ogni 6 mesi, i filtri per i sedimenti ogni 9000 litri oppure ogni 6 mesi.
La cartuccia a carbone dovrebbe essere sostituita frequentemente quando il valore del cloro nell’acqua di rete supera i 1 ppm.
L'acqua in uscita dall'impianto, che abbiamo chiamato permeato, non è indicata per l'allevamento di pesci d'acqua dolce, quindi detta acqua dovrà necessariamente essere integrata con sali minerali fondamentali per i pesci stessi. Può essere d'aiuto l'utilizzo di un conduttivimetro. Inoltre, per poter stabilizzare il valore del pH, è consigliabile, una volta dosati i sali e raggiunti determinati valori di durezza, l'uso di torba granulare o estratto di quercia.


Cartucce anti-sedimenti
Ma l'ultimo processo di fondamentale importanza rimane comunque la stabulazione dell'acqua per almeno 24 ore.

Crediti:
Testi di Caserio Francois (Decasei Forwater), Gianmaria Luvino  (Jamy Diamond), Andrea Sanelli (Sane84).
Foto: Caserio Francois (Decasei Forwater)
 Materiale dato in concessione a Discus club 2.0

Introduzione alla genetica classica e Mendeliana

Tratteremo in quest’articolo un argomento di notevole portata. Per parlare di genetica bisogna prima di tutto comprenderne termini e definizioni varie. Le prime domande da porsi sono: Cos’è la genetica e cosa studia?

Ad oggi è facile reperire informazioni soprattutto grazie a tutte le enciclopedie multimediali  che raggruppano una grandissima, a mio parere infinita, varietà di argomenti.
La genetica è “semplicemente” una scienza, quindi la prima domanda è piuttosto semplice, si ma cosa studia questa scienza? L’oggetto di studio riguarda i geni, l’ereditarietà e la variabilità genetica degli organismi. Il più grande studioso di genetica è stato il biologo Gregor Johann Mendel, che attraverso una vita dedita agli studi riguardanti la genetica, con diversi esperimenti riuscì a formulare tre leggi note oggi come le leggi di Mendel:
Legge della dominanza


Legge della segregazione


Legge dell’assortimento indipendente


Lo spettro d’azione di queste leggi è vastissimo e può essere applicato a tantissimi organismi diversi.
Cerchiamo però di sintetizzare -per quanto sia possibile- il concetto che sta alla base dello studio genetico di Mendel. Prima abbiamo parlato di ereditarietà, ed è proprio questa la base concettuale dalla quale partì questo famoso biologo, affermando che questo fenomeno - l’ereditarietà - era dovuto ad elementi precisi e determinati presenti nei genitori. Dovremmo a questo punto generalizzare tale concetto e studiarlo attraverso gli esperimenti fatti da Mendel, ma prima di fare ciò è importante introdurre alcuni termini aimè fondamentali. Avete sentito parlare sicuramente di un certo fenotipo, cerchiamo adesso di capire cosa s’intende quando viene usato tale termine.
Il fenotipo riguarda la manifestazione o l'espressione fisico-estetica di un organismo, che spesso è l'interazione tra ambiente e gene codificante,
differentemente invece dal genotipo, con il quale s’intende l’insieme dei geni che costituiscono il genoma dell’organismo stesso. Da queste definizioni è palpabile la diversa determinazione, più semplice nel caso del fenotipo - ad esempio se consideriamo il colore degli occhi di un individuo - rispetto alla diversa determinazione dei geni che sono i responsabili diretti di questa diversità.
Quindi, cosa sono questi geni, e il genoma?
I geni, sono stati definiti in tantissimi modi diversi, ma possiamo provare a definirli come unità ereditarie responsabili della trasmissione dei caratteri. Se sommiamo delle sequenze geniche che si possono codificare, con quelle che non si possono codificare, il risultato ci darà il genoma. Ritornando al fenotipo e al genotipo, dopo aver definito i geni, il primo lo possiamo considerare come il prodotto di determinati e suoi geni, mentre il secondo come trasporto diretto di informazioni ereditate espresse o non espresse.
Conviene a questo punto, esprimere altri termini quali: cromosoma, allele, omozigoti, eterozigoti, dominante e recessivo. Per cromosoma s’intende una struttura interna alla cellula/le, formata da DNA e  contiene i geni. Prima abbiamo parlato di sequenze geniche, gli alleli riguardano proprio la variabilità di tali sequenze. Il genotipo di un organismo relativo ad un gene è l’occorrente di alleli che possiederà. Se consideriamo una coppia di “cromosomi omologhi” -morfologicamente identici-, su di essa gli alleli saranno quei geni che occupano la stessa posizione, definita anche locus. Quindi gli omozigoti relativi ad un carattere sono organismi che possiedono una coppia di alleli uguali ovviamente per quel carattere; mentre gli eterozigoti quelli che possiedono una coppia di alleli diversi. Orbene, siamo arrivati alla determinazione dei caratteri.
Carattere dominante quello che si manifesta sempre per un organismo omozigote o eterozigote, mentre il carattere recessivo è quello che si manifesta solo se l’organismo è omozigote per quel determinato carattere. Dopo aver sintetizzato circa termini e definizioni varie, passiamo all’analisi e studio degli esperimenti di Mendel. Sui libri e sul virtuale spesso si sente parlare dei “sette piselli” di Mendel, e sembra quasi voler ironizzare circa questa buffa espressione. In realtà ci si riferisce alla selezione durata sette anni delle cosiddette “sette linee pure”. Egli studiò una pianta nota col nome di Pisum sativum, selezionando quindi sette varietà di piselli diversi tra di loro dove i caratteri erano effettivamente visibili per forma e colore del seme. Partendo quindi da due varietà di piante di piselli, diverse tra di loro, prelevate dalle sette linee pure che egli stesso aveva selezionato preventivamente, cominciò ad incrociare queste due piante per caratteri diversi: pianta a fiori di colore X e pianta a fiori di colore Y. Operando questo incrocio, egli notò che nella F1 ovvero prima generazione filiale, emergeva soltanto uno dei caratteri della generazione parentale e che quindi tale carattere doveva essere per forza dominante rispetto all’altro. Prelevando e incrociando piante della F1, egli notò che alcuni caratteri non più presenti in questa generazione, si presentavano in quella successiva -F2- e che quindi tali caratteri non erano stati del tutto persi ma soltanto offuscati dal carattere dominante. Infine notò che nella F2, su quattro esemplari, tre mostravano il carattere dominante e uno quello recessivo. Dalla periodicità di questa successiva generazione, Mendel giunse alla determinazione e definizione dei geni e degli alleli.
Come si evince da quanto scritto, quest’articolo è da considerare quale schema informativo circa i canoni generali della genetica classica. Il sunto relativo alle leggi di Mendel, è solamente una piccolissima parte di tutto quello che questo grande biologo ha scoperto e studiato con enorme costanza, dando la possibilità di capire a noi tutti, le diverse derivazioni genetiche che possono scaturire da eventuali incroci.
Fatto sta che, anche se i caratteri mendeliani possono sembrare a primo impatto una sorta di schema logico, ogni organismo manifesta differentemente una propria stabilità o instabilità genetica.

Testo: Gianmaria Luvino aka sul forum Jamy Diamond
© tutti i diritti riservati – E’ severamente vietato copiare o riprodurre anche in parte foto e testi dell’articolo senza il consenso specifico dell’autore
Testo dato in concessione a Discus club 2.0

Hexamitosi e malattia del buco - Flagyl e Metronidazolo

HEXAMITOSI
Famiglia: Hexamitidae
Causata da protozoi flagellati
Genere: Hexamita
Localizzazione: Tratto intestinale
Fattori scatenanti: Cattivo stato di nutrizione, basse temperature e fattori di stress.
Sintomi: Dimagrimento, inapettenza, feci bianche filamentose, ulcerazioni (buchi) all'altezza della zona frontale, perifrontale, occipitale del pesce.
Trattamento: Metronidazolo. Terapie termiche (33/34° di temperatura per 5/6 giorni).

Un esempio di 'buco'

altro esempio


 
Il discus in foto si è completamente ripreso con il solo ripristino della corretta durezza in vasca.
La cosiddetta "malattia del buco" rientra in quella categoria di sintomi accorpabili ad un attacco di Flagellati scientificamente denominato anche Hexamitosi.

Un 'flagellato'. I flagellati rappresentano solo una definizione di una caratteristica fisica, ossia un organo di movimento del protozoo, appunto il flagello.
Alla base di tale patologia indubbiamente un calo delle difese immunitarie ha un ruolo fondamentale, tant'è vero che per questo e altri motivi è soprannominata anche  la 'malattia dei deboli'.
I fattori che possiamo inoltre  definire predisponenti sono riconducibili il più delle volte o ad un cattivo stato di nutrizione - mangime congelato poco attendibile in termini di provenienza e stato di conservazione, basse temperatura - 23°C/25°C - oppure un eccessivo stress subìto dal pesce in questione.
Abbiamo più volte avuto il piacere di sviluppare l'argomento insieme ad Antonio Gioia, esperto allevatore, circa la cura da effettuare utilizzando il principio attivo Metronidazolo. E' inutile ritornare su vantaggi e svantaggi dello stesso, però per poter fare una diagnosi completa si devono conoscere gestioni e comportamenti del pesce relativi ad un lasso di tempo ben preciso.
Eliminando i fattori sopra citati, e considerando un'oculata e completa gestione dell'acquario cercherei di capire il rapporto che ci può essere, a questo punto, tra durezza dell'acqua e attacco da Protozoi flagellati.
Aumentando la conducibilità e quindi indurendo l'acqua possiamo trarre dei benefici circa lo stato del pesce, ma difficilmente si riesce a curare un pesce che presenta uno stadio avanzato di quel genere.
La differenza tra gli allevamenti, tedeschi o asiatici, relativamente al valore della conducibilità, la si può notare solo per quel che riguarda il colore del pesce in questione, spesso si è potuto notare che pesci allevati a bassi valori di conducibilità presentavano un colore generalmente più chiaro  risultando difficile poter capire la loro discendenza in termini di genetica.
Un altro fattore sta anche nella corporatura sicuramente più possente di un discus tedesco a differenza di quello asiatico.
Detto questo, gli unici modi per affrontare e debellare questa patologia restano:
Stato prima fase
- termoterapia
- calcio e vitamina d3 (AD3)
- indurimento dell'acqua
Stato avanzato
Terapia farmacologica:
-metronidazolo
-dimetridazolo

Difficilmente si riesce a debellare una patologia, nella fattispecie "la malattia del buco" (v foto) semplicemente indurendo l'acqua visto lo stato avanzato della patologia che emerge dalla prima foto. E quindi in quei casi si ricorre, ovviamente, all'utilizzo del Metronidazolo.

METRONIDAZOLO

Indicazioni: Flagellati intestinali (Hexamita i più diffusi)
Dosaggio: 1 cp -250mg- ogni 50 litri d’acqua.
I vantaggi delle compresse sono sicuramente: facile reperibilità, basso costo. In tutti i casi i flagellati stazionano principalmente nello stomaco, gli  emoflagellati finiscono nel sistema circolatorio. Pertanto comunque l'ideale e la condizione fondamentale dovrebbe essere quella di riuscire a veicolare il principio attivo, attraverso il cibo, fino al tratto intestinale.
Quindi
Possibile somministrazione nel mangime.
Bisogna ripetere il trattamento dopo 5 giorni. Danneggia gli organi interni.

Farmacocinetica
Se da una parte è facile parlare senza avere esperienze dirette, dall'altra cercando di concretizzare dei concetti, ti imbatti in luoghi comuni che in effetti sono duri da smantellare.
Esempio: comunemente metronidazolo e Flagyl sono la stessa cosa. Non è così.
Se la scatola Metronidazolo e principio attivo Metronidazolo (2-(2-methyl-5-nitro-1H-imidazol-1-yl)ethanol oppure C6H9N3O3) erano fin'oggi la stessa cosa, da oggi fate che non è così.

Sostanzialmente quando si parla di molecole attive, ma anche di farmacocinetica, si legge (googlando) che non supera, per esempio la barriera placentare (nei mammiferi), ma si usa contro disturbi indotti dell'Helycobacter pylori (ulcera e gastrite) ed è smaltito al 90% per via epatica, portando con il tempo ad una neurotossicità, che si manifesta con sviluppata insensibilità degli organi sensoriali periferici, e ovviamente epatotossicità.
Danneggia nei mammiferi la flora intestinale (e il filtro?).
Questo è il quadro del principio attivo, mentre di fatto ci si convince che non avendo un grande potere d'urto dall'esterno verso gli organi interni del pesce (eccezion fatta per le branchie, che sono esposte ma nulla hanno a che dividere con i flagellati), ci si rende conto che si gioca con la quantità di principio attivo
a) perché ormai i discus sono abituati ad un minimum di metronidazolo
b) perché è l'unico modo per permettere al farmaco di raggiungere lo stomaco.
Antonio Gioia:
La tossicità a livello epatico, è ampiamente dimostrata anche nei pesci.
Purtroppo oggi la vera battaglia fra pesce e parassita si combatte non tanto sulle proprietà del farmaco quanto sulla tossicità e sulla capacità di resistenza dei due organismi a confronto.
Questa considerazione dovremmo farla tutti ogni qual volta decidiamo di usare un medicinale, in qualsiasi caso anche laddove a soccombere nell'immediato è il parassita la battaglia purtroppo non sempre è vinta, le conseguenze del farmaco sul pesce le potremo verificare solo nel tempo.
E' importante ripetere ed invitare sempre chi si cimenta nell'allevamento di queste amabile creatura ad un'attenta analisi prima di dosare un medicinale, come noi stessi abbiamo dimostrato si fa presto a dire Flagyl ...poi dietro c'è tutta una storia fatta di additivi e eccipienti.
...che fanno la differenza tra Metronidazolo e Flagyl, quest'ultima la scorciatoia commerciale che, come saggiamente scinde Antonio Gioia, va valutata insieme agli eccipienti che porta con se.
In sostanza vale sempre il detto "meglio prevenire che curare", ricordando che nel caso dei parassiti commensali quali possono essere nematodi, cestodi e flagellati, è il sistema immunitario del pesce che gioca il primo ruolo sia nella causa che nella lotta, e che seppur è difficile ottenere pesci "parasites free", dall'altro una buona cultura preventiva può evitare il tedio di cure che spesso portano verso il famigerato, inesorabile punto di non ritorno.
Testi a cura di:
Gianmaria Luvino (Jamy Diamond)
Salvo Franchina (tatore)
e con l'intervento di Antonio Gioia
Testo dati in concessione a Dicus club 2.0

L'alimentazione del discus allo scanner: i tubifex


tubifex sono anellidi onnivori il cui habitat li vede stanziali in prossimità di scarichi fognari e liquami:  dovuta premessa per descrivere il loro habitat "naturale" - .
Dominio: Eukaryota
Regno: Animalia
Sottoregno: Eumetazoa
Ramo: Bilateria
Superphylum: Protostomia
(clade): Lophotrochozoa
Phylum: Annelida
Classe: Clitellata
Ordine: Oligochaeta
Famiglia: Tubificidae
Genere: 'Tubifex'
Specie: ''T. tubifex''
La loro caratteristica colorazione rossa è dovuta all'abbondanza di pigmenti respiratori simili alla nostra emoglobina, grazie alla quale riescono a catturare ogni molecola di ossigeno disponibile.
Ovviamente la qualità dei vermi - tubifex - può variare moltissimo, alcune volte assumono l'odore di deiezioni o prodotti chimici - presenti nelle fogne - che essi emanano: si può facilmente intuire che le acque di provenienza sono altamente inquinate.
Detto questo, il loro utilizzo come cibo fresco o vivo sembra effettivamente molto rischioso.
tubifex vivi non solo possono introdurre in vasca parassiti (in allevamenti di salmonidi possono essere il veicolo ideale della spora di Myxobolus cerebralis), ma sono ospiti intermedi sicuri per diversi microrganismi che provocano patologie nei pesci d'acqua dolce, da non dimenticare per esempio l'infestazione da cestodi, che sfruttano i tubifex come sicuri ospiti.
Data pertanto la provenienza dei tubifex, e l'esigenza di allevarli in acque dal dinamismo trofico eccessivo, con il processo di liofilizzazione si ha la (quasi) totale eliminazione dell'acqua dai vermi, che vengono poi pressati a a forma di cubetto, senza perdere gusto e qualità nutritive che avevano prima di subire il processo di liofilizzazione.
Diciamo che con la prima fase ovvero l'eliminazione dell'acqua (non è corretto parlare di disidratazione) si riesce a bloccare un eventuale processo di riproduzione di patogeni e germi.
Dopo la liofilizzazione gli alimenti possono essere conservati per un tempo più lungo rifacendosi sempre alla scadenza.
Considerato tuttavia il loro alto contenuto calorico e proteico,  i tubifex vanno comunue dosati con parsimonia, sia in termini di quantità che frequenza di somministrazione(un paio di volte a settimana).
Sono adatti come alimenti per i Ciclidi americani, sempre con dosaggi non eccessivi e vanno assolutamente evitati per specie la cui dieta è prevalentemente vegetariana, perchè in queste specie dal tratto intestinale particolarmente lungo i tubifex sostano troppo, e  possono provocare alcune batteriosi gastroenteriche, occlusioni intestinali e morte.
Si attribuisce inoltre, ai tubifex, la trasmissione come passaggio intermedio di un protozoo che scatena l'Hexamita symphysodoni - nome dato appunto perché patologia ad esclusivo carico del genere Symphysodon -.
E' importante anche lo stato di conservazione. Devono essere riposti in luogo fresco e asciutto, altrimenti e' facile che possano marcire e diventare dimora per la colonizzazione dei batteri.
Non esiste un alimento tuttavia che come i tubifex possa far scatenare il vigore e l'appetito anche in esemplari di ciclidi debilitati, né un altro alimento naturale che si possa attaccare al vetro come un cubetto di tubifex, né un alimento che, dopo una cura, possa meglio veicolare vitamine su cui si consiglia di dosarne alcune gocce due volte a settimana. Il tubifex è indiscutibilmente uno degli alimenti più graditi dai ciclidi e dai pesci ad alimentazione carnivora o onnivora, e se un pesce non riesce a farsi stimolare dalla presenza del tubifex in vasca..allora è segno che qualcosa veramente non va.
Rischi e pericoli quindi, ma in generale resta un alimento di ottima qualità, e dà grossi risultati sia per la crescita degli avannotti che per la riproduzione di diverse specie d'acqua dolce.
Analisi qualitativa media:
Proteina Greggia 53%;
Grassi greggi 12.5%; Fibra Grezza 3.5%;
Ceneri Greggi 9.5%; Umidità 9.5%.



Testo: Gianmaria Luvino aka sul forum Jamy Diamond
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Vermi branchiali: flagello o sindrome della terza settimana…e non solo!

Sin dagli albori dell’acquariologia, la riproduzione del Discus è stata considerata una chimera, un obiettivo da raggiungere. Attualmente invece la stessa è forse un passaggio quasi “obbligato” e di più semplice realizzazione, attraverso il quale l’hobbysta ed appassionato di questo Ciclide deve passare. Le tecniche e le informazioni attuali hanno semplificato tantissimo il processo riproduttivo di questa specie ittica, però non mancano ostacoli che tuttora causano non poche noie a coloro che si cimentano in questa impresa, e spesso sono motivo di rinuncia. La minaccia più grande che ad oggi ha un'eco mondiale è di stampo patologico, parliamo di Dattilogirosi e Girodattilosi, comunemente denominati “vermi branchiali”( Gill flukes o trematodi branchiali), i quali riescono a catalizzare l’attenzione anche dei più noti ed esperti allevatori, perché spesso flagello per intere avannotterie.

Si è parlato tanto circa questi vermi, con tantissime varianti e proposte di trattamento esplicitando i vari principi attivi utilizzati e loro dosaggio; qualcuno addirittura afferma che prima di cominciare una riproduzione sarebbe utile “pulire” la coppia, termine poco tecnico, intendendo con questa procedura, il fatto stesso di sottoporre la coppia ad una terapia a mio parere molto invasiva. L’oggetto di maggiore interesse e preoccupazione resta la Dattilogirosi (Dactylogyrus) perché i parassiti, dotati di quattro uncini e soprattutto perché ovipari, con un tasso riproduttivo veramente elevato; nella foto al microscopio (in basso) si nota proprio quanto siano fastidiosi questi vermi una volta “aggrappati” alla branchia dell’ospite.
Tristemente noto il dato empirico  che un discus può arrivare ad avere nelle proprie branchie addirittura fino a 1000 di questi vermi, e che un verme ha un potere riproduttivo di circa 100 uova al giorno, quindi in una vasca popolata entro i limiti ci possono essere anche un milione di uova. Questi dati mettono paura anche perché il verme in questione attacca anche gli avannotti, uccidendo e decimando gli stessi a partire dal quindicesimo giorno di nuoto libero con massimo successo - purtroppo non per gli avannotti - nella terza settimana di nuoto libero, periodo noto come “sindrome della terza settimana”, e che corrisponde con lo sviluppo morfologico delle lamelle branchiali.
A questo punto la domanda è d’obbligo, ma
perché gli avannotti vengono sistematicamente attaccati anch’essi da questi vermi?
Non è un fattore genetico/ereditario, ma si è constatato che il passaggio di questi vermi avviene attraverso la mucosa secreta dai genitori, molto utile ai fini della crescita per gli avannotti nella primissima fase di nuoto. Ed è per questo che praticamente le larve crescono assieme a questi vermi, i quali stazionano all’interno delle loro branchie cominciando il loro veloce processo riproduttivo, e siccome le difese immunitarie degli avannotti sono ancora troppo basse, la presenza di questi vermi, che porta al soffocamento, è letale. Ricollegandoci a quanto detto prima, questo è il motivo che scatena l’utilizzo di medicinali molto invasivi per effettuare terapie che vengono raggruppate nella categoria prevenzione, di cui molti sono scettici. Forse chi della riproduzione e allevamento del discus ne fa il proprio mestiere deve ricorrere a tali sistemi, perché altrimenti tali perdite danneggiano non poco il bilancio annuale, ma chi sceglie la riproduzione come ulteriore fase di sviluppo del proprio hobby, allora può considerare di applicare i vecchi sistemi ancorati alle tradizioni acquariologiche di sempre, che trovano riscontro per il 60%, volendo azzardare una percentuale. Si consiglia di cambiare molta acqua con valori stabili - per quanto possibile - durante tutta la riproduzione, di sifonare almeno una volta al giorno il fondo, visto che le uova/cisti prodotte/i da questi vermi stazionano proprio sul fondo, e di far nutrire gli avannotti per un massimo di quindici giorni della mucosa dei genitori, questo per scongiurare il più possibile l’arrivo della “sindrome della terza settimana”.
GIRODATTILOSI
PATOGENO:
  • Famiglia: Gyrodactylidae
  • Genere: Gyrodactylus (Fasciola della pelle)
RIPRODUZIONE E MORFOLOGIA:
Il patogeno presenta un corpo allungato ed è dotato di due uncini (OPISTHAPTOR) per attaccarsi all’ospite. Sono VIVIPARI.
LOCALIZZAZIONE:
  • Cute e branchie sono molto sensibili gli avannotti.
SINTOMI:
Lesioni cutanee, iperproduzione di muco, sfregamento del pesce e respiro monobranchiale.
PROPOSTE DI TRATTAMENTO:
  • 1)    Triclorfon  (NEGUVON)
Soluzione: 1 gr su 1 litro d’acqua.
Dosaggio: 1 ml di soluzione per litro d’acqua per 3 giorni.
  • 2)    Formalina (principio attivo)
Dosaggio bagno breve: 2-4 ml su 10 litri d’acqua per 20 minuti
Dosaggio bagno prolungato: per 12 ore circa, 8-10 ml su 100 litri.
Un trattamento è più che sufficiente visto che il Gyrodactylus è viviparo.
  • 3)     Consigliato anche il Praziquantel principio attivo  TREMAZOL della Sera.
Possibile terapia sia in vasca come bagno prolungato sia in un contenitore come bagno breve. Dosaggio consigliato sul foglio illustrativo.
DATTILOGIROSI
PATOGENO:
  • Famiglia: Dactylogyridae
  • Genere: Dactylogyrus ( Fasciola delle branchie)
RIPRODUZIONE E MORFOLOGIA:
Il patogeno presenta un corpo allungato ed è dotato di quattro uncini (OPISTHAPTOR) e quattro occhi per attaccarsi all’ospite. Sono OVIPARI ed hanno un tasso di riproduzione molto elevato, queste uova cadono e si poggiano sul fondo schiudendosi in un intervallo di tempo racchiuso tra 2-3 giorni. L’infestazione in vasca può essere totale. Questi parassiti sono obbligati, nel senso che per vivere hanno bisogno dell’ospite, quindi se l’infestazione in vasca è elevata si possono togliere tutti i pesci e i Dactylogyrus dovrebbero morire quasi tutti in breve tempo. L’estinzione in vasca, arredata soprattutto, potrebbe risultare praticamente impossibile, perché alcune cisti a causa della non idoneità dei parametri chimico-fisici potrebbero non schiudersi nei tempi considerati.  Gli adulti possono vivere senza l’ospite  fino a 6 giorni.
LOCALIZZAZIONE:
  • Soprattutto branchie, sono molto sensibili gli avannotti.
SINTOMI:
  • Respiro affannoso e monobranchiale, cambio colore e inappetenza.
PROPOSTE DI TRATTAMENTO:
  • 1)      Triclorfon  (NEGUVON)
Dosaggio: vedi Gyrodactylus.
  • 2)      Flubendazolo 5%  (FLUBENVET)
Dosaggio: 200 mg di Flubenol 5% (non di principio attivo) per 3/5 giorni.
L’utilizzo di questo antiparassitario dovrebbe eliminare anche le uova dei Dactylogyrus
ma personalmente lo sconsiglio.
  • 3)      Formalina (principio attivo)
Dosaggio: vedi Gyrodactylus.
Note: A concentrazione nell’aria superiori a 0.1 ppm può irritare per inalazione le mucose e gli occhi. L’ingestione o l’esposizione a quantità consistenti sono potenzialmente letali.
  • 4)   Consigliato anche il Praziquantel principio attivo del prodotto TREMAZOL della Sera.
Possibile terapia sia in vasca come bagno prolungato sia in un contenitore come bagno breve. Dosaggio consigliato sul foglio illustrativo.
Considerazioni da prendere molto seriamente: la differenza sostanziale tra il Gyrodactylus ed il Dactylogyrus risiede negli espedienti di sopravvivenza che contraddistinguono i due trematodi. Se il Gyrodactylus, viviparo, può essere facilmente debellato con un solo trattamento, perché viviparo, il Dactylogyrus ha adottato la tecnica di preservazione delle cisti, ben diverse dalle uova, che possono rimanere silenti finché le condizioni chimico-fisiche dell'acqua non si ripresentano favorevoli. 
Questo comporta per la sopravvivenza della progenie parassitaria un enorme vantaggio, perché usa come ospiti tutti gli animali che dal fondo raggiungono il centro vasca o il contatto con i discus. Ma gli stessi discus, che mangiano beccando direttamente sul fondo, non faticheranno a ricreare il ciclo, infestando nuovamente pesci  e vasche, lì dove le condizioni sono favorevoli per la loro indiscriminata riproduzione.

Testo: Gianmaria Luvino aka sul forum DC 2.0 Jamy Diamond
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